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Dallo Psicodramma alla Decodifica Biologica

Aggiornamento: 26 dic 2022


Dott.ssa Chiara Gagliano

Psicologa Clinica

Psicoterapeuta (in formazione)

Esperta in Decodifica Biologica Riparatrice (DBR)®

ed Ipnosi Regressiva Riparatrice (IRR)®










Ho pensato di fare un breve excursus sui principali strumenti e modelli terapeutici che hanno segnato alcune tappe importanti per lo studio della famiglia.


Molte persone che si sono affidate a me, durante questi anni, mi hanno chiesto analogie e differenze. Quindi cercherò di dare sufficienti notizie a chi passerà da qui.

Non pretendo, chiaramente, di essere esaustiva con un semplice post: sono stati scritti molti libri ed articoli e molti altri vedranno la luce nei prossimi anni.


Vedrò, comunque, di darvi delle indicazioni




Jacob Levi Moreno nasce nel 1892 a Bucarest, in Romania. Si occupò di psicologia sociale ed è a lui che si deve l’invenzione del metodo sociometrico detto sociogramma.


Secondo alcuni scritti autobiografici, Moreno da piccolo era solito giocare ad impersonare Dio seduto su di un trono costruito mettendo una sedia sul tavolo della casa paterna e dicendo a tutti i devoti “fedeli” cosa dovessero fare. Una volta, durante questo suo gioco preferito, cadde e si ruppe una gamba. Quell’episodio, rimasto nella sua mente, sta alla base, probabilmente, della differenza tra "essere" e "fare", quella che divenne più tardi parte della metodologia psicodrammatica . La stessa che egli stesso avrebbe definito come "interpretazione di ruolo".


Una volta adulto, Moreno, creò infatti una propria compagnia teatrale che lavorava prevalentemente sulla spontaneità e sulla creatività nel qui ed ora, (“Teatro dell’Improvvisazione”) con la collaborazione di persone prese dal pubblico presente ("Io ausiliari").


L'intreccio della trama volgeva più sull'impatto emotivo che i personaggi in scena generavano che non sul testo scritto in precedenza.

Da queste premesse nasce lo Psicodramma ovvero l’"azione dell'anima", intesa come quell’azione spontanea, che permetteva il vero disvelamento dell'anima dell'uomo.


In sintesi, possiamo affermare che esso sia nato come un

metodo di lavoro di gruppo che si avvale della messa in scena di tipo teatrale del proprio vissuto (anche traumatico), per giungerne alla rielaborazione ed alla risoluzione, attraverso la possibilità di rivedere e rivivere il proprio problema sia dall’interno come protagonista, sia dall’esterno, come spettatore della scena.


Viene così favorita la possibilità di una rielaborazione e presa di coscienza successiva.


Nel 1912 Moreno, in occasione di un incontro con Freud, racconta di aver detto:


“A noi può andare il merito di aver messo su la psiche, che in origine veniva dal gruppo, dopo un processo di riconversione sul palcoscenico impersonato da un attore ritorna al gruppo nella forma dello psicodramma.

...

Bene, dottor Freud, io parto da dove lei finisce. Lei incontra le persone nel contesto artificiale del suo studio (…). Lei analizza i loro sogni. Io cerco di dar loro il coraggio di sognare ancora. Io insegno alla gente la parte di Dio.”

(Moreno, Manuale di psicodramma, 1, p. 66).


Questa frase, passata alla storia dello psicodramma, è stata interpretata in maniera controversa. Nei primi decenni del secolo, ricorda Rosati, quella frase suonò come la presunzione di un giovane di contrapporre il suo psicodramma alla psicoanalisi. Successivamente, si passò dalla critica alla riscoperta del metodo psicodrammatico (cfr. Rosati, L’attivazione dell’immagine nello psicodramma junghiano, p. 580).


Dopo la seconda guerra mondiale alcuni analisti europei, per la maggior parte francesi, si formarono per un certo periodo di tempo con Moreno, in America. Successivamente diffusero lo psicodramma in Francia, in Olanda, in Belgio, in Inghilterra. Attraverso questi passaggi lo psicodramma di Moreno si modificò rapidamente. Nacquero diversi tipi di psicodramma con varie denominazioni. Tra i più noti ricordiamo lo Psicodramma Analitico.


Con la nascita dello Psicodramma Analitico la tecnica moreniana si va a fondere con le teorie di matrice freudiana (sebbene Freud non si interessò di Psicodramma) e si differenzia a seconda della teoria analitica che vi è alla base.


L'azione scenica o corporea è limitata rispetto alla parola ed allo stesso tempo si passa dal piano della concretezza al piano simbolico.

Lo Psicodramma Analitico dà molta importanza al transfert ed alle identificazioni, durante le sedute sono vietati contatti fisici tra i partecipanti.


Nella terapia familiare e sistemica l’individuo non è mai considerato come un elemento singolo ma, al contrario, egli è parte di un preciso contesto di relazioni.


Il sistema famiglia è considerato come un’entità e non come un semplice agglomerato di individui.


Da queste premesse Virginia Satir, la quale già a cinque anni aveva deciso che avrebbe fatto da grande “la detective per bambini che indagava sui genitori”, pone basi per la Scultura Familiare.


Essa si configura come terapia della famiglia che prende coscienza di sé:


viene chiesto ai membri della famiglia di costruire una rappresentazione utilizzando se stessi come attori per riprodurre le abituali modalità di interazione reciproca e lasciarsi poi muovere dalla sensazione e dall’emozione che la posizione raggiunta permette di provare.


Lo scopo è quello di innescare un cambiamento che partendo dall’aspetto emotivo giunge al non detto che fortemente incide nel quotidiano.

Secondo la Satir bisogna aiutare i pazienti a vedere, ascoltare, sentire le loro risorse personali e interpersonali. Solo così possono trovare le proprie soluzioni.


L’inconscio personale è strettamente connesso con le nostre esperienze come esseri umani in questa vita, soprattutto nell’infanzia; sappiamo per certo che ogni elemento escluso dalla nostra coscienza (rimozione) tenderà a manifestarsi sottoforma di sintomo.

La fondamentale intuizione di Bert Hellinger, l’ideatore delle Costellazioni Familiari, è


che ogniqualvolta un membro della famiglia venga escluso o dimenticato, ciò costituirà un problema che si ripercuoterà con conseguenze sulle successive generazioni finché l’elemento escluso non verrà riportato al suo posto nel nucleo di appartenenza.


In un sistema la singola individualità non è importante come singolo elemento, ma in funzione di qualcosa di più grande, il sistema appunto.


L’albero genealogico, visto come un’Anima Familiare, o un Inconscio Familiare, è modellato da qualsiasi tipo di esperienza vissuta dai suoi membri. Ogni persona dell’albero esclusa riapparirà sotto la forma di sofferenza, come sintomo fisico di una malattia o tenderà nelle generazioni successive a sostituire inconsciamente il membro rimosso imitando il suo destino, esprimendo le sue emozioni o i suoi sintomi.

Mettendo in scena le Costellazioni Familiari, le dinamiche nascoste della famiglia vengono portate alla luce all’interno di seminari di gruppo.

Il facilitatore, (o il cliente stesso), sceglie un rappresentante per la famiglia del cliente che vuole lavorare un determinato tema e lo mette davanti ad un gruppo in relazione reciproca ed espone il fine della sua esplorazione. Successivamente, con l’aiuto di altri componenti, il facilitatore chiederà di assecondare gli stati d’animo e i movimenti che emergono; siano questi in relazione ad altri rappresentanti o meno. A questo punto sta al facilitatore leggere i segnali verbali e non verbali che i rappresentanti condividono guidando l’intera costellazione fino a raggiungere un punto in cui tutti i rappresentanti possano sentire di essere nel posto giusto. Qualora restassero altri blocchi, questi possono essere trattati in una sessione separata.


Ognuno di noi è il risultato di tutte le esperienze, le emozioni, le vicende e le situazioni, i percepiti vissuti da chi ci ha preceduto ovvero i nostri antenati e che lo voglia o meno, continua a ripetere conflitti ed avere malesseri, oppure porta sulle spalle pesi che non gli appartengono.


Vive a sua insaputa il destino di un familiare mai conosciuto.






A partire dal 1970 si posero ulteriori basi che portarono ad una visione più ampia: la psicogenealogia.

Anne Ancelin Schützenberger costituisce una clinica psicogenealogica, proponendo per i suoi pazienti con patologie psichiatriche, una metodologia sistematica e rigorosa che indagando i legami e le rappresentazioni fantasmatiche dell’albero genealogico, analizza i sintomi e le sofferenze che invalidano la loro vita psichica. Ella si avvale di metafore suggestive per illustrare la psicogenealogia, e fa uso di un raffinato strumento d’indagine come il genosociogramma.


Questo strumento ha letteralmente rivoluzionato il modo di concepire la psicoterapia, costringendo i terapeuti a rivisitare il lavoro clinico e la comprensione psicodiagnostica.


Mentre in passato ci si focalizzava sull’aspetto soggettivo di una persona all’interno della sua storia personale e nella dinamica familiare,


con la psicogenealogia, è emerso il bisogno di leggere l’individuo in una cornice più ampia, transgenerazionale appunto, che mette in evidenza ripetizioni di comportamenti e di ruoli interni inconsci dando nuovo significato alla costellazione individuale e familiare.


(Nicholas Abraham e Maria Torock studiano la Trasmissione Trans-Generazionale, Ivan Boszormenyi Nagy si focalizza sulle Lealtà Invisibili, Lebovici e Tisseron parlano di Angelo e Fantasma, di Mandati Trans-Generazionali e di Trasmissione d’immagini mentali attraverso le generazioni).


Senza ombra di dubbio


l’inconscio gioca un ruolo fondamentale nella vita di tutti noi.


Il nostro compito sta nel comprendere come funziona, come si esprime e come reagisce, questa parta poco conosciuta di noi.


E’ negli anni 60′ che Alejandro Jodorowsky entra in contatto con Pachita, guaritrice messicana che favorisce la guarigione dei suoi pazienti attraverso metodi anti-convenzionali. E’ grazie a lei che concepisce più tardi la sua Psicomagia: essa consiste nel proporre al “malato” di compiere un gesto simbolico, apparentemente illogico ma di carattere fortemente emotivo, tale da permettergli di cambiare punto di vista, influenzando l’inconscio ed attivando così la guarigione. Un’azione simbolica che parlando direttamente all’inconscio spezza l’abitudine e il modo di affrontare normalmente la vita per attivare una nuova consapevolezza interiore, presupposto indispensabile per la guarigione.


L’atto magico parla direttamente con l’inconscio attraverso le parole, gli oggetti o le azioni. Infine l’atto psicomagico, attraverso delle istruzioni precise, risolve il problema. Non è la consapevolezza del problema a porvi fine ma l’azione.


E quest’ultima consiste nel trasformare la consapevolezza in un comando rivolto alla parte inconscia di noi stessi. E’ l’inconscio a poter guarire i nostri blocchi superando le barriere mentali.


"Freud analizza con la parola, io curo con l’azione”, sostiene Jodorowsky. La prima cattura il trauma nel profondo e lo riporta alla superficie della coscienza. La seconda, invece, parla all’inconscio usando la sua stessa lingua, simbolica e archetipica: attraverso i rituali. Mentre la ragione sa riconoscere la finzione ed annientarla, l’inconscio la subisce rimanendone influenzato.


I segni più eclatanti della fenomenologia transgenerazionale si manifestano attraverso il corpo, mezzo di comunicazione privilegiato. Somatizzazioni e patologie psico-fisiche vengono rivisitate attraverso le generazioni, codici simbolici ed affettivi, intrisi di significato.


E’ il caso della Decodifica Bio-Transgenerazionale che prende in considerazione l’inconscio per dare un senso, un significato, ai sintomi che il nostro corpo manifesta.


Il sintomo fisico, lo studio della sua localizzazione nel corpo, il preciso momento in cui esso si manifesta nella nostra vita, sono indizi che ci permettono di rintracciarne l'origine, e risolvere l'evento che sta a monte del problema.






La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba, siamo legati ad altri passati e presenti… E da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro.” Sonmi 451 – Cloud Atlas (Ita 2013)


Secondo il punto di vista della Decodifica Biologica


un organismo si ammala per effetto dell’attivazione di uno speciale programma biologico.


La base per la costruzione del disturbo prevede la presenza di un conflitto programmante originario (il primo colpo) che sarà successivamente stimolato da un conflitto scatenante, ovvero la riattivazione di qualcosa che non è stato risolto. Un conflitto programmante finisce, prima o poi, per generare uno o più conflitti scatenanti successivi. Senza un conflitto programmante non si presenteranno mai conflitti scatenanti.


Il problema che si viene a creare, quindi, interessa contemporaneamente tre livelli: fisico, psicologico ed emotivo. Il cervello reagirà creando un apposito programma biologico per la sopravvivenza del soggetto, che si manifesterà a valle a livello di organo/viscere/struttura.


L’intensità del conflitto emotivo determinerà la gravità dello squilibrio e il tipo d’emozione ne determinerà la localizzazione nel corpo.


La decodifica biologica mette in relazione ciò che siamo dentro di noi, con ciò da cui proveniamo. Attraverso la nostra biologia ci connettiamo al mondo delle emozioni.


Dai nostri antenati non solo ereditiamo i tratti somatici e strutturali, ma anche tratti caratteriali e memorie del loro vissuto, incluse le memorie percettive e sensoriali e le memorie riguardanti l’adattamento all’ambiente come strategie, risposte organiche, adattamento dei tessuti.


Conoscere l’informazione biologica dei nostri familiari ed antenati ci permette di comprendere come un tempo interpretarono e vissero i loro conflitti emotivi.


La presa di coscienza è il nodo fondamentale per modificare le ferite generazionali in modo tale che non possano più manifestarsi nel corso del tempo sotto forma di malattie, intervenendo, quindi, sul piano epigenetico.


Consapevolezza = libertà dai vincoli.


Dapprima, alla nascita, e in seguito nella prima infanzia, riceviamo un’eredità che non sappiamo in alcun modo gestire. Innanzi allo stesso accadimento, ognuno di noi, in base al proprio “sentito” attiverà reazioni biologiche differenti. L’attivazione del conflitto può essere anche simbolica:


per la nostra corteccia cerebrale, l’azione o l’immaginare l’azione, non fa differenza.


L’inconscio è atemporale. Quando il conflitto è stato affrontato con successo il cervello interrompe il programma di difesa e dà ordine di cessare la programmazione della malattia.

Il sintomo scompare.


La liberazione rappresenta il maggior atto d’amore che uno possa fare per se stesso e le future generazioni, interrompendo questa trasmissione generazionale che trascinandoci come una marea può portarci al fondo senza più permetterci di risalire a galla.




Se vuoi approfondire l'argomento ti consiglio due libri che spiegano molto bene tutte queste metodologie e dinamiche, insieme a molto altro:





Entrambi disponibili anche nella versione in lingua spagnola





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